Ingegneria della User Experience: il metodo delle persona

Posted on 2 May 2021 by Paolo Bernardi

L’ingegneria informatica – il cosiddetto terzo settore – si occupa della progettazione, dello sviluppo e della manutenzione di sistemi formati da numerosissime e complesse componenti hardware e software. Il patrimonio di conoscenze su cui si basano le tecnologie digitali continua a crescere a velocità incredibile ed è evidente come il contributo dell’ingegneria sia determinante al fine di assicurare la loro applicabilità in modo efficace, sostenibile e, non ultimo, etico.

Eppure ci sono degli aspetti relativi allo sviluppo dei sistemi informatici che sono spesso ritenuti estranei alla pratica ingegneristica, come la “User Experience” (“esperienza utente”, comunemente abbreviata come “UX”), ovvero l’interazione tra gli utenti ed i sistemi stessi. In effetti la stessa definizione di UX sembra rifuggire i tentativi di sistematizzazione: l’ambito della UX parte dall’interfaccia utente (grafica, testuale, conversazionale ecc…) e dalla sua usabilità fino ad includere le aspettative degli utenti finali sui sistemi da essi utilizzati; talvolta si parla di UX perfino in relazione al rapporto tra utenti e prodotti o marchi, trascendendo completamente l’ambito dell’ingegneria informatica.

Tuttavia, nonostante sia difficile definire esattamente i confini e l’oggetto della UX, è comunque possibile affrontare alcune parti di questo tema anche da un punto di vista strettamente ingegneristico, applicando metodologie con fondamenta scientifiche (sia “hard” che “soft”) in modo mirato e ripetibile. Ad esempio è possibile fare riferimento allo standard ISO 9241 (in particolare la definizione ISO 9241-210) per analizzare l’ergonomia e l’interazione uomo-macchina. Anche la Comunità Europea ha lavorato sul tema della UX: con la direttiva UE 2016/2102 fornisce indicazioni, recepite dai singoli Stati, per una buona accessibilità dei sistemi informatici delle pubbliche amministrazioni. A livello nazionale, infine, ci sono ottime normative in materia: la principale è sicuramente la legge n. 4 del 9 gennaio 2004 sull’accessibilità digitale.

Tuttavia le suddette normative, che recepiscono solidi risultati scientifici ed empirici, pur fornendo degli strumenti per progettare e controllare la UX delle applicazioni digitali, sono spesso più utili come sistema di validazione a posteriori della UX che come guida per la sua concezione; quest’ultima continua a sembrare una disciplina più elusiva rispetto alle tecniche ingegneristiche. Eppure il “problema del foglio bianco” può essere affrontato in molti modi ed anche in questo ambito è possibile farsi guidare da metodologie più o meno strutturate.

Il problema più difficile da risolvere quando si progetta un sistema in termini di UX è proprio quello di cogliere le aspettative e le necessità dei potenziali utenti senza farsi trascinare da fantasie o preconcetti che, inevitabilmente, portano a cocenti delusioni. In altre parole è necessario esercitare uno sforzo creativo anche notevole, rimanendo però saldamente ancorati ai vincoli di una realtà complessa come quella umana. Ecco quindi che anche la creazione di UX, in realtà, somiglia più di quanto sia comunemente ammesso al connubio di creatività e concretezza tipico dell’ingegnerizzazione dei sistemi.

Un esempio concreto ed immediatamente applicabile di pratica progettuale per la UX è il metodo delle persona. Si tratta di un sostantivo inglese (il plurale è personas) ed è un “falso amico”: riprendendo la definizione del Cambridge English Dictionary, persona indica “un particolare tipo di carattere che un essere umano mostra in determinate circostanze”, un po’ come le maschere pirandelliane. La parola persona, infatti, è etimologicamente correlata al medesimo vocabolo latino che significa proprio “maschera” o “personaggio”.

Quando si progetta la UX di un sistema informatico è molto utile definire delle persona, ovvero dei personaggi di fantasia che rappresentino le caratteristiche delle varie tipologie di utenti che andranno ad utilizzare il prodotto finito. Le persona devono essere definite in modo da sintetizzare le caratteristiche delle varie categorie di utenti finali, astraendo però le particolarità inevitabilmente insite in ciascun essere umano concretamente esistente. D’altro canto, utilizzare un personaggio di fantasia invece di far riferimento più genericamente alle categorie di utenti consente di aiutare l’immaginazione. A titolo esemplificativo immaginiamo di dover progettare la UX di un software rivolto agli ingegneri informatici che si occupano di studi clinici: è inutile pensare alle particolari abitudini ed idiosincrasie dell’ing. Paolo Bernardi; d’altro canto è molto dispersivo pensare in astratto a “cosa fanno gli ingegneri informatici che si occupano dei clinical trial”. Ecco quindi l’utilità di creare una persona (un personaggio) a cui fare riferimento: l’ing. Piero Brandola.

Ogni persona presa in considerazione deve avere una propria scheda riassuntiva che mostri a colpo d’occhio le sue caratteristiche salienti. Ad esempio possiamo includere il nome, una “dichiarazione”, una descrizione di pochi paragrafi ed una lista delle principali caratteristiche. È anche importante (e divertente!) associare alla persona una foto, ovviamente non riconducibile a persone conosciute (a questo scopo potete usare siti come thispersondoesnotexist.com), così da renderla ancora più verosimile. A seconda delle vostre inclinazioni potreste voler includere un numero anche molto maggiore di dettagli nelle schede delle persona: tuttavia, facendo riferimento alla mia esperienza personale, vi consiglio di evitarlo per non correre il rischio di rendere questo strumento al tempo stesso troppo dispersivo e poco agevole da usare.

Piero Brandola

Piero Brandola
“Lavoro tutto il giorno davanti al computer, progettando ed implementando applicazioni web per la gestione di studi clinici o configurando CRF con software ad-hoc. Non mi piace perdere più tempo del necessario in attività monotone e ripetitive.”

Impiegato presso un’azienda privata che progetta software per la conduzione di studi clinici, Piero Brandola interagisce quotidianamente con il personale addetto al reparto clinico e regolatorio, sia per ottenere informazioni sulle loro attività sia per supportarli nei loro piccoli problemi informatici quotidiani.

Si occupa della manutenzione di sistemi legacy, ancora ampiamente in uso, ed allo stesso tempo studia le ultime tecnologie per venire incontro alle esigenze sempre più sofisticate della clientela, anche a causa delle moderne legislazioni e standard del settore.

Caratteristiche principali

  • Sempre connesso, anche al di fuori dell’ambito lavorativo
  • Tipico generation X con scarso rispetto per l’autorità
  • Appassionato di crittografia e sicurezza informatica in genere

Sebbene le varie persona siano definite fin dagli inizi della progettazione UX, accade quasi sempre che le loro caratteristiche cambino in corso d’opera: integrazioni e modifiche alla definizione di una persona indicano una crescente consapevolezza del team rispetto alla categoria di utenti che essa rappresenta. Un’altra simpatica conseguenza dell’uso delle persona è che dopo qualche tempo si arriva a parlare di loro come persone realmente esistenti. In effetti il metodo delle persona è efficace proprio perché, grazie all’empatia, gli esseri umani riescono a predire più efficacemente il comportamento dei propri simili rispetto a quello di ipotetiche categorie astratte.

Nell’ambito di un progetto saranno sicuramente necessarie diverse persona, così come gli utenti finali apparterranno a diverse categorie: per evitare conflitti decisionali è opportuno ordinare le varie persona secondo una priorità che verrà utilizzata per decidere chi favorire quando ci si troverà a prendere decisioni potenzialmente controverse.

Concludendo, il metodo delle persona è soltanto una delle possibilità a disposizione del progettista UX: un problema definito in un ambito così vasto richiede l’uso di numerose discipline e tecniche per essere affrontato efficacemente. L’esempio delle persona riportato in questo articolo serve a mostrare come sia possibile incanalare la creatività in modo produttivo evitando allo stesso tempo di essere dispersivi o troppo rigidi grazie all’uso di metodologie specifiche che, ritengo, debbano far parte del bagaglio culturale di qualsiasi ingegnere.

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